GLI EREMITI

Incontriamo: Mario Cottarelli

     Il nome del gruppo, da dove deriva e chi l’ha inventato?

Non c’è un motivo preciso per il quale ci chiamammo Gli Eremiti: probabilmente ci sembrò un nome spiritoso, proprio perché eravamo quattro adolescenti ben lontani dalla vita che può fare un eremita. Non ricordo chi di noi abbia proposto di chiamarci così, ma a tutti sembrò una cosa simpatica. Inoltre non era arrivato ancora il tempo dei nomi articolati e paradossali tipici del Prog, come Premiata Forneria Marconi. Eravamo ancora legati al periodo beat, con i suoi nomi semplici, di una sola parola: i Profeti, i Corvi, ecc…

 

     Ci puoi dire la formazione completa del gruppo e l’età dei componenti?

Mario Cottarelli: batteria, percussioni e voce.
Marco Lupi: chitarra solista e voce.
Luciano Marchetti: basso, flauto dolce e voce.
Franco Masulli: chitarra ritmica e voce.

Quando il gruppo si formò, nei primi mesi del 1970, solo Luciano aveva da poco compiuto 14 anni o li stava per compiere; Franco li avrebbe compiuti in estate e io e Marco in autunno: siamo tutti del 1956.

Continuammo con questa formazione fino all’autunno del 1972, quando avvenne lo scioglimento. 
Devo aggiungere che quarant’anni dopo (2012) c’è stata la reunion e da allora teniamo ogni anno un concerto in giugno. Da quest’anno (2017) il sottoscritto si esibisce anche alla tastiera polifonica; in tale circostanza (sporadica) il nostro fonico, Franz Valcanover, mi sostituisce alla batteria; il medesimo nel concerto del 2017 ha suonato la tastiera in un brano.

 

     Ci puoi raccontare qualcosa del vostro 45 giri? E’ stato
autoprodotto?

Ce lo produsse nell’estate del 1972 un amico del papà di Franco Masulli, per sdebitarsi di un favore ricevuto. Questo signore ci mandò due giovani con un registratore stereo a bobine che fu utilizzato senza alcun mixer: semplicemente con due microfoni collocati a distanza di alcuni metri da noi, che suonammo in diretta, senza nessuna sovrapposizione. I due ‘tecnici’ ci dissero che quello non era il modo migliore per registrare, ma noi allora non ci capivamo un granché. La rudimentale incisione avvenne in un locale da ballo noleggiato per
l’occasione, il River di viale Po, a Cremona. Suonammo alcune volte “Impressioni di settembre” e la nostra composizione “L’orma del pensiero”, poi selezionammo
la versione migliore di ognuna. Nessun trucco, nessun montaggio. 
 

     Ti ricordi se all’epoca c’è stata promozione per questo disco?
Quante copie ne sono uscite?

Non ci fu nessuna promozione, perché non c’era nessuna casa discografica alla base dell’operazione. Le copie furono cento, se non erro; le vendemmo ad amici e parenti al prezzo – credo – di 150 lire. 

 

     Avete fatto dei concerti all’epoca?   Se si…ti ricordi una scaletta tipo?

Di solito suonavamo alle festine di compleanno degli amici:
le mitiche festine con i balli lenti, un’eredità degli anni 60. Più che una scaletta tipo posso citare un po’ di canzoni suonavamo: Venus (Shocking Blue), Neanderthal Man, Spring summer winter and fall, Canto di Osanna, Jesahel, Hey Jude, Era bella (versione italiana di un brano di Gilbert O’Sullivan), Paranoid, Fly me to the earth, Atlantis (Donovan), La canzone del sole, Fiori rosa fiori di pesco, Eppur mi son scordato di te, Casa mia (Equipe 84).

A parte le festine, Nel settembre 1972, poco prima di scioglierci, organizzammo un concerto in cui suonammo solo musica composta da noi: erano una dozzina di canzoni. L’esibizione avvenne nello stesso locale in cui avevamo inciso il 45 giri. Suonammo davanti a una ventina di persone, tutte paganti però. Ci va meglio nei concerti annuali che organizziamo attualmente: quest’anno c’erano circa 240 persone ad ascoltarci.

    Sai che il 45 giri è diventato molto ricercato dai collezionisti
del genere prog?

Sì, ma non ce lo saremmo mai aspettati. C’erano all’epoca gruppi più professionali di noi che però non incisero nulla: noi abbiamo solo avuto la ‘fortuna’ di lasciare una traccia in vinile, come un’orma… ‘L’orma del pensiero’ appunto, un
titolo che forse era quasi un presagio, o una profezia (parlo tra il serio e il faceto).

 

Avete fatto altri dischi dopo questo?

No, anche perché pochi mesi dopo avvenne lo scioglimento.

 

Hai proseguito la tua carriera musicale o ha cambiato strada?

Ho proseguito, ma la mia vera carriera musicale è iniziata molto dopo e in ogni caso è rimasta parallela ad un’altra attività. Il mio sogno era riuscire a vivere di sola musica, ma i soldi che ho guadagnato con essa non mi hanno mai dato una sicurezza economica. Laureatomi in biologia nel 1982, ho iniziato a lavorare nell’83 in un quotidiano, dove tuttora lavoro. Nel 1984 ho inciso il mio primo disco come compositore, anche perché, oltre che la batteria, suono anche chitarra e tastiere. Creare musica mia è sempre stata la cosa che più desideravo. Così dal 1984 al 1988 sono entrato nel giro della musica dance, quella che attualmente all’estero chiamano italo-disco. Alcune mie canzoni – di cui solitamente componevo la musica, facevo l’arrangiamento e scrivevo anche il testo – furono pubblicate anche all’estero, soprattutto Germania e Francia, ma a spizzichi un po’ in tutta Europa, persino in Gran Bretagna e anche in Giappone, in centro-sud America. Recentemente ho saputo che in Messico una mia canzone, sia in versione inglese che in spagnolo, va molto forte nelle feste in stile anni 80. Nel periodo dance capitò tra l’altro che Ivana Spagna fece il coro in un paio di miei dischi (non era ancora famosa ma la sua esplosione era dietro l’angolo) e firmai anche un brano insieme a Claudio Simonetti. Anche la Rai Tv trasmise alcuni miei pezzi.

Nonostante tutto questo movimento, i migliori guadagni li feci successivamente, a partire dal 1993, quando iniziai a dedicarmi alle cosiddette orchestre di liscio, componendo per esse più di 70 brani (musica e parole) di vario genere purché fossero ballabili.

Nel 2005 però ritenni che fosse il momento di dimostrare che so fare dell’altro oltre alle canzonette di facile ascolto: recuperai materiale da me composto negli anni 70, ma rimasto fino a quel momento ‘nel cassetto’; lo rielaborai e ne cambiai i testi. Così nel 2007 e nel 2011 uscirono due miei dischi di progressive-rock, “Prodigiosa macchina” e “Una strana commedia”; in questi due album ho fatto tutto da solo: ho composto musica e arrangiamenti, ho scritto i testi, ho cantato e ho eseguito la base musicale con una tastiera e l’aiuto di un computer.

In qualche modo questi due cd si sono fatti conoscere un po’ in tutto il mondo presso gli appassionati della nicchia prog, ma probabilmente avrebbero avuto un impatto molto maggiore se avessi avuto la possibilità di suonarne il contenuto anche in concerto con un’adeguata band, cosa non semplice per motivi pratici, soprattutto perché le mie musiche prog sono molto complicate e di difficile esecuzione.

 

Il gruppo quando si è sciolto e per quali motivi?

Gli Eremiti si sciolsero nell’autunno del 1972. Il motivo principale fu il fatto che Marco Lupi studiava in un collegio a parecchi chilometri di distanza da Cremona, credo in Veneto: tornava solo nel fine settimana e, nelle poche ore in cui si tratteneva, dedicarsi ogni volta al gruppo stava diventando una forzatura, perciò si fece da parte. C’erano inoltre divergenze musicali: io e Luciano Marchetti volevamo orientarci verso una musica piuttosto alternativa; Franco Masulli non era dell’idea e si ritirò, appendendo praticamente la chitarra al chiodo. Io e Luciano suonammo ancora insieme in altre formazioni o situazioni occasionali di collaborazione; poi io mi dedicai alla creazione musicale, mentre lui proseguì il suo percorso di bassista.

Quarant’anni dopo gli Eremiti sono rinati e ti assicuro che ci divertiamo più ancora che ai vecchi tempi.  

GLI EREMITI oggi!